Harry Potter vs Twilight: sette motivi più uno per cui il maghetto occhialuto supera il vampiro sbarluccicante

ATTENZIONE: Questa è un’analisi critica, e quindi viene data per scontata la lettura di tutti i libri della saga di Harry Potter e della saga di Twilight, esclusa la breve seconda vita di Bree Tanner e la guida ufficiale illustrata di Twilight. Per quanto riguarda libri come Gli animali fantastici: dove trovarli, Le fiabe di Beda il Bardo e il Quidditch attraverso i secoli, io li ho letti ma non sono necessari per leggere questa analisi critica. In ogni caso leggeteli, sono belli e una parte dei guadagni vanno in beneficenza. 
C’è anche un piccolo accenno a Frankenstein, ma non parlo del finale del libro.
I film di Harry Potter semplificano enormemente la trama, e quindi l’80% degli esempi che porto si legge solo nei libri e non ha riscontri nel film.
Lettori avvisati, mezzi salvati.

Mi capita spesso di dire, quando sto parlando di due libri allo stesso livello di trama, personaggi e temi, che “non posso paragonarli” perché non so scegliere il migliore.

Per quanto riguarda, invece, l’eterno contrasto tra Harry Potter, di J. K. Rowling, e Twilight, di Stephenie Meyer, non posso e non voglio utilizzare questa scusa: le due saghe di successo sono paragonabili anche se diversissime, perché, per quanto mi riguarda, la prima è di gran lunga superiore rispetto alla seconda.

E non lo dico come ragazza incallita che difende uno dei suoi libri preferiti: ho ben sette motivi obiettivi per pensarlo, più una considerazione.

Sette motivi più uno, in pratica, perché una Potterhead come me non si smentisce mai.

Motivo numero 1: inizialmente per bambini, la trama e i temi trattati crescono nel corso della storia con i personaggi.

Di solito la saga del maghetto viene snobbata dai lettori adulti perché “è per bambini”, e i primi libri lo sono sul serio; ma se abbiamo una visione di insieme della storia, ci accorgiamo presto che tutto – stile, personaggi e trama – cresce con l’età dei protagonisti, e quindi alla fine del libro ci sono temi molto più ampi di quelli del primo, i personaggi hanno più sfaccettature e la trama è più elaborata.

Non mi credete? Facciamo qualche esempio.

Parliamo ad esempio di Rita Skeeter, introdotta nel quarto libro (in cui, guarda caso, Harry Potter ha 14 anni e incomincia a scoprire il mondo): è una giornalista della Gazzetta del Profeta e scrive quello che vuole sul suo giornale perché, come lei dice, “i giornali vivono per vendere” e quindi è lecito e quasi la normalità inventarsi le notizie per accalappiare lettori. Praticamente, il tema della disinformazione mediatica; e, soprattutto, è inserito nel libro non perché è un tema caldo e fa vendere copie, ma perché ha senso nella trama, c’entra con tutto e viene ben approfondito.
E non mi fermo qui. Prendiamo Cornelius Caramell, che viene nominato sin dal primo libro come Ministro della Magia un po’ incapace ma le cui sfaccettature si introducono nel quinto libro: si può supporre che il suo lato oscuro nasconda qualcosa di più grosso della corruzione di Rita. E infatti eccolo qua: il più eminente personaggio della sfera politica magica nasconde verità scomode al suo paese ed è cieco al pericolo perché vuole mantenere il potere, influenzando anche i giornali per rafforzare l’idea falsa che mette in giro.
E arriviamo infine al tema più grande di tutti, introdotto nel secondo libro con un’offesa buttata lì da Draco Malfoy a Hermione e approfondito, come ci si aspettava, nel settimo libro: chi vi ricorda il mago Gellert Grindelwald, che vuole il mondo comandato dalla “razza superiore dei purosangue” e che viene sconfitto, casualmente, nel 1945?

Ebbene, quante di queste cose sono presenti in Twilight? Quanti di questi temi vengono affrontati, introdotti, trattati con leggerezza ma invitando a riflettere, senza fare i professori ma incuriosendo e divertendo?
Non ho bisogno della risposta…

Motivo numero 2: i personaggi sono realistici.

Tutti questi temi profondi, in Harry Potter, si intrecciano poi con un’enorme varietà di personaggi, di tutte le età e le forme, ognuno caratterizzato da un certo particolare che lo rende diverso dagli altri.

Ne prendo uno a caso: Dean Thomas. Direi più che secondario; forse una comparsa, addirittura. Eppure me lo ricordo, e sapete perché? A parte perché sono una grande fan di Harry Potter, e questo direi che è scontato; ma poi anche perché è molto bravo nel disegno, e quindi è sempre lui a fare i festoni per Grifondoro. E parliamo di Lee Jordan, la comparsa dalle divertentissime cronache sportive delle partite di Quidditch a Hogwarts?
Se saliamo poi nella graduatoria di Propp e prendiamo i personaggi secondari come Luna Lovegood, Sirius Black, Ninfadora Tonks, Remus Lupin o Bellatrix Lestrange … non ho neanche bisogno di dirvi quanto siano unici e indimenticabili.
Se infine tocchiamo i protagonisti della storia, ovvero il Golden Trio – Harry, Hermione e Ron –, a mio parere sono così ben caratterizzati che potrebbero essere scambiati tranquillamente per persone vere, perché hanno la loro personale profondità psicologica, sviluppata anche nei particolari più minimi.
Leggendo ad esempio i loro dialoghi, a differenza di quanto succede in moltissimi romanzi, si percepisce che sono tre persone diverse, perché la scrittrice è in grado di dare persino un modo di parlare diverso a ciascuno, che si adatta alla perfezione con il personaggio. E questo anche per altri: Piton, Sirius, Voldemort, Silente, la McGranitt, la Cooman … cosa sarebbe la Umbridge, vi chiedo, senza la sua vocetta stridula o la sua finta dolcezza? Cosa sarebbe Piton senza il suo sarcasmo, la McGranitt senza la severità, la Cooman senza il tono profetico?
Vi sembra una cosa da poco?
Ebbene, questo aspetto di cambiare la voce dei personaggi a seconda del carattere non c’è nemmeno in Frankenstein.

Prendiamo invece una comparsa di Twilight, Harry Clearwater: grande amico di Charlie Swan e padre di Leah e Seth. Dal punto di vista caratteriale, potrebbe essere assolutamente uguale al suo amico e non vi si farebbe caso: è importante praticamente solo quando muore, e neanche poi tanto.
E che dire di tutta quella schiera interminabile di vampiri che compaiono nell’ultimo libro (i famosi testimoni), che non servono a niente e poi svaniscono nel nulla? Voi per caso vi ricordate un particolare caratteriale per ognuno di loro?
Vi concedo forse Benjamin o Kate, se proprio vogliamo regalare qualcosa all’autrice, ma per il resto poca roba.

Motivo numero 3: i libri esistono da soli.

La Rowling non lascia quasi mai un mistero irrisolto, e in sette libri dà una risposta a gran parte delle domande rimaste in sospeso nella storia. Ne prendo una a caso: cosa vede Silente nello Specchio delle Brame? Nel primo libro sembra che veda un paio di calzini, mentre nell’ultimo si scopre che in realtà vede sua sorella Ariana viva. E qui stiamo parlando anche di riferimenti dal primo all’ultimo libro, e quindi di una conseguente trama pensata e organizzata prima ancora di mettersi a scrivere.

Stephenie Meyer, con tutto il rispetto per lei, ha dovuto scrivere una guida ufficiale che spiegasse tutto quello che non era riuscita a dire, e lì ha confessato di aver iniziato a scrivere Twilight prima di avere bene in testa che cosa stesse scrivendo. Ha detto, in pratica, che stava scrivendo un po’ alla cazzo, senza avere un’idea chiara di dove volesse andare a parare.
Beh, si vede.

 

Motivo numero 4: i personaggi, visti dal punto di vista di un ragazzo in crescita, acquistano sfaccettature nuove ogni anno.

E si vede anche l’evoluzione dei personaggi di Harry Potter.
Oltre ai ragazzi, che crescono e quindi ovviamente cambiano, se ci fate caso anche i personaggi adulti più importanti, a mano a mano che si va avanti con il libro, hanno sfaccettature diverse. Severus Piton è il caso eclatante. Dal semplice professore un po’ stronzo che ce l’ha con i suoi studenti, diventa invece, pian piano, alla fine del libro, l’uomo coraggioso con una maschera sempre addosso, in grado di mentire a chiunque pur di compiere il suo dovere, con una grande contraddizione dentro di sé: ama Harry per sua madre, di cui era ed è follemente innamorato, e lo odia per suo padre, da cui veniva maltrattato da giovane.
Ma non è l’unico: anche altri personaggi, che prima sembravano avere solo una faccia, poi ne dimostrano altre. James Potter, ad esempio, che da nobile idolo diventa un bulletto esibizionista, capace solo di maltrattare i meno popolari di lui per fare colpo sulla ragazza che le piace; o Silente, ancora di più che con James: nel primo libro è il vecchio saggio che sa tutto e non sbaglia mai, nel quinto libro commette un errore gigantesco e nell’ultimo libro si scopre che, nella sua vita, forse ha ucciso per errore sua sorella perché desiderava il potere assoluto quanto Grindelwald. 
E non solo: i personaggi acquistano sfaccettature andando di pari passo con la crescita dei giovani. Il che, se ci pensate, ha senso: quando siamo piccoli, per noi è tutto o bianco o nero, ed è solo crescendo che incominciamo ad analizzare la realtà per come è davvero, con tutte le sue sfumature. Non è che Silente è improvvisamente diventato cattivo, o Piton buono: lo sono sempre stati, ma sono i giovani che se ne sono accorti più tardi.

Per quanto riguarda Twilight, c’è poco da dire e da fare: Edward Cullen, Bella Swan e Jacob Black, che sono i protagonisti, rimangono sempre uguali a se stessi nel loro piattume per tutta la durata della saga, da qualunque punto di vista li si analizzi. E in quattro libri, ce ne sarebbe di tempo per farli evolvere un pochetto. 

Motivo numero 5: e se togliessimo la parte fantasy?

Questo è un esperimento che mi intriga abbastanza.
Ho notato che molte storie urban fantasy sono belle solo per l’idea fantasy che contengono, ma senza quella non stanno in piedi, sono vuote, senza senso; e quindi, per come la penso io, sono molto inferiori rispetto a quelle che, invece, hanno una trama che regge in ogni caso. Vorrei dunque fare anche la stessa prova con queste due saghe, giusto per vedere quanto è importante la soprannaturalità nella storia.

Se a Harry Potter si toglie la magia, rimane un mix di generi molto avvincente: un romanzo giallo di formazione, con all’ultimo libro anche l’avventura. Un mistero da scoprire, indizi svelati a poco a poco, colpevole diverso da quello che sembra e il colpo di scena che svela la verità e tutto ciò che era nascosto dietro; con in più dei personaggi che crescono e imparano a vivere nel mondo che li circonda, conoscendone a poco a poco, come ho già detto, lati buoni e malvagi, discriminatori e altruisti, meschini e onorevoli.

Se invece a Twilight sottraiamo vampiri sbarluccicanti e licantropi-che-in-realtà-non-sono-licantropi (sarebbero mutaforma, come viene accuratamente e provvidenzialmente specificato nelle ultime dieci pagine dell’ultimo libro della serie), rimane una trama estremamente banale e ripetitiva, catalogabile in un harmony di bassa qualità.

Ma, se prestiamo attenzione, anche inserendo nuovamente la parte sovrannaturale, la trama di quattro libri risulta essere al limite del copia e incolla.

1° libro: Bella si fidanza con Edward. Qualcuno la vuole uccidere, ma lei si salva e vuole diventare un vampiro.
2° libro: Edward lascia Bella. Qualcuno vuole uccidere Edward e poi anche Bella, ma alla fine si salvano entrambi e Bella vuole diventare un vampiro.
3° libro: Jacob si inserisce nella coppia Edward-Bella, ma alla fine Bella sceglie Edward. Qualcuno la vuole uccidere, ma lei si salva e vuole diventare un vampiro.
4° libro: Bella ed Edward si sposano e fanno una figlia. Qualcuno li vuole uccidere tutti, ma alla fine Bella diventa un vampiro e si salvano tutti grazie a lei.

Motivo numero 6: non ci sono cliché.

In Harry Potter, non esistono cliché e, semmai, questi sono venuti dopo che la Rowling ha avuto questo successo planetario. In una saga così complessa quale è, è presente una gran varietà di situazioni, tra cui alcune che ci sono spesso anche negli altri libri; eppure, l’autrice è stata in grado di svilupparle a modo suo, discostandosi dal banale. Ecco degli esempi.

Il personaggio gay. In Harry Potter esiste (è Silente), ma per la storia è poco rilevante che faccia sesso con gli uomini o con le donne, perché sono molto più importanti la sua saggezza, la sua cultura, la sua mentalità aperta, il suo modo di fare, i piani che trova, le idee che ha, i poteri di cui dispone e che sa usare. In pratica, l’autrice non ci sbatte addosso che Silente è omosessuale perché, sinceramente, che cambia nella storia?
Vi sembrerà una cosa da niente, ma per qualche assurda ragione, di solito, se un personaggio è gay, allora è importante solo perché fa sesso con gli uomini. Punto. Tutto il resto della sua personalità, del suo carattere e di ciò che fa nella vita sembra inutile o non degno di nota.

Le coppie innamorate. Ne esistono a palate, naturalmente, ma l’amore spesso si sviluppa nel tempo: non è il colpo di fulmine bruciante che incanta la persona, la rovina e la trascina in un vortice di assoluta merda, come sembra invece accadere in molti libri degli ultimi anni e in Twilight più di tutti. E soprattutto, finalmente, l’amore di tutta la vita molto spesso non è il primo. Perché, caspita, anche questa è la realtà! Per alcune coppie sì – per la Romione, è evidente che a Ron piaccia lei sin dal primo libro, quando resta a guardarla mentre esce dallo scompartimento – ma per Harry, Hermione, Cho, Krum, Lavanda, Draco, Fleur e altri, no. Tutte le coppie che si formano al Ballo del Ceppo, per fornire un altro esempio, non avranno seguito nella storia: la Rowling ci dice, in pratica, che l’amore tra partner spesso non è una cosa che salta fuori dal nulla e che finisce nel nulla, ma ha una lunga storia dietro.

I personaggi maschili. Nessuno di loro, nella storia e nel libro, spicca particolarmente per la bellezza, a parte Cedric Diggory e Victor Krum (e la loro è appena accennata nel quarto libro), e di certo la Rowling non ci tedia con particolareggiate descrizioni degli affascinanti ciuffi neri sulla fronte di Harry o dei sensuali capelli biondi di Draco Malfoy. Se tutte le ragazzine adorano il figlio di Lucius, non è colpa della Rowling che lo ha idealizzato, ma del film e di Tom Felton che è uno figo pazzesco – sono una ragazzina anche io, già -; se invece tutte le ragazzine amano Edward Cullen, sarà anche Robert Pattinson figo – e a me, personalmente, non dispiace (e sono gusti, non vi incazzate) – ma è anche l’autrice che ogni cinquanta pagine deve ribadire che è praticamente perfetto sotto ogni aspetto. Alla fine sembra che l’unica cosa importante di questo Edward sia il suo aspetto. Se io invece adoro Ron Weasley, è perché mi piace il suo carattere. E poi perché i suoi capelli rossi regnano, ma è un altro discorso.

Il triangolo amoroso. In Harry Potter, Harry-Hermione-Ron esiste solo nel settimo libro e nella testa di Ron, perché Harry si auto-friendzona, e Piton-Lily-James è prequel del libro; nelle altre volte in cui c’è un contrasto amoroso, spesso è un quadrilatero (Padma-Ron-Hermione-Krum, Lavanda-Ron-Hermione-Cormac) e ha un ruolo marginale nella trama, che si concentra invece su ciò che i giovani maghetti devono affrontare e che proviene dall’esterno.
In Twilight, invece, c’è un solo triangolo amoroso – un tira e molla banalissimo messo solo per fare più trama – ed è una colonna portante della storia e una delle ragioni per cui ha venduto tantissimo.

Motivo numero 7: il finale.

Il gran finale di Harry Potter è un’epica battaglia tra il bene e il male, con tanto di morti e feriti e Harry e Voldemort che si fronteggiano faccia a faccia. Tutti combattono per salvare la loro scuola, anche le statue, e alla fine viene ripristinata una situazione di pace, con tanto di spiegazione su che cosa è successo vent’anni dopo. Per dire: il cerchio si chiude.

Il gran finale di Twilight è un dialogo tra due fazioni opposte, che stanno per scannarsi ma poi arrivano quattro tizi della provvidenza che parano il culo a tutti. Muore solo una persona, che sarebbe morta anche senza battaglia, ma “i Volturi potrebbero sempre tornare, e per allora saremo pronti; nel frattempo, facciamo un po’ di sesso, che non guasta mai ora che Edward me lo dà”.
Pensate che, per rendere questa finta battaglia finale gradevole agli spettatori della seconda parte del film di Breaking Dawn, Bill Condon ha dovuto aggiungere lui morti e feriti: Aro stacca la testa a Carlisle; Renesmee, che fugge con Jacob, viene attaccata dai Volturi; Leah cade in una voragine aperta da Benjamin; Bella e Edward uccidono Aro insieme. Poi si scopre che era tutto un filmino mentale che Alice ha trasmesso a Aro. Molti hanno criticato questa scelta, eppure a mio parere non è stata affatto stupida: un coraggioso tentativo di aggiungere un po’ di azione al finale di una saga moscia. Una cosa che avrebbe dovuto fare anche l’autrice nel libro, e che non ha avuto le palle di fare. Perché, diciamocelo, sono anche i morti che rendono una battaglia fantasy degna di nota, perché diventa più reale: con la guerra, non si scherza.
Tutta questa scena, a detta della stessa Meyer (http://stepheniemeyer.com/index.html, post del 26 Novembre 2012), si riassume in questa frase, che si trova a pagina 666 dell’edizione italiana: “Aro mi guardò negli occhi per un momento lungo e gravido di tensione. Non avevo la minima idea di cosa stesse cercando, o di cosa avesse trovato, ma, dopo avermi valutata per quell’attimo, qualcosa nella sua espressione cambiò, l’atteggiamento della bocca e dello sguardo variarono leggermente, e capii che aveva preso una decisione.”

In effetti, il movimento della bocca è proprio quel che si definisce finale pieno di azione, no?

Poi aggiunge: “Alcuni giornalisti mi hanno chiesto se avrei cambiato qualcosa nella battaglia, se l’avessi scritta io; la risposta è sì. Soprattutto avrei fatto morire più Cullen”.

Piccolo problema: avresti dovuto scriverla. Questi tuoi bei ragionamenti non stanno in piedi, un libro pubblicato non si scrive con i se e con i ma, e la battaglia non è mai esistita.
Il finale, quindi, si è rivelato un semplice flop di una saga che, a dirla tutta, è un flop dal primo libro.

La considerazione: in un fantasy, deve esistere anche la parte ordinaria.

Sia Twilight che Harry Potter appartengono all’urban fantasy, che è un sottogenere del fantasy che prende elementi sovrannaturali e li piazza in mezzo ad una situazione ordinaria, facendo convivere e collidere i due contesti. Una parte della bellezza di questo genere sta nel vedere come i due mondi diversi si rapporteranno, e come cambia lo stesso oggetto o la stessa persona in uno o in un altro mondo: quali caratteristiche acquisisce, come diversamente si comporta, eccetera. La bravura dell’autore, a mio parere, si vede anche nel saper parlare maggiormente del mondo fantasy, perché è su quello che verte la storia di solito, senza però dimenticare la parte normale, e tirandola in ballo quando si può: solo in questo modo si riuscirà a mantenere il confronto tra la normalità e la soprannaturalità.

In Harry Potter, questo succede magistralmente, anche se non sempre (purtroppo) nei film a lui dedicati: i protagonisti sono dei maghi, ovviamente, ma il mondo babbano non di rado è presente nelle vicende, con scene molto esilaranti. Basta pensare, ad esempio, a tutti i vari camuffamenti – l’ospedale San Mungo che è un negozio di abbigliamento in disuso, il quadro che parla con il Primo Ministro babbano facendolo quasi svenire, e il celeberrimo binario 9 e ¾ a King’s Cross – o alle situazioni di scambio interculturale, se così si possono chiamare: il gatto che legge una mappa (ed è in realtà la McGranitt camuffata), le lettere per Hogwarts di Harry che finiscono nelle uova, Caramell che esce dal camino del Primo Ministro e gli offre i suoi stessi biscotti, Ron che prova a chiamare Harry al telefono e risponde Vernon, la famiglia Weasley che distrugge il salotto di casa Dursley perché aveva cercato di arrivarci con la Polvere Volante ma il camino era murato … l’autrice ci delizia con queste scenette comiche molto gradevoli, che aggiungono particolari alla bellezza del mondo che ha creato senza sminuirlo.

Ci sono invece delle volte in cui l’autore, troppo preso dall’idea fantasy che ha avuto, è incapace di mantenere il contrasto con il mondo normale, e lo nomina solo una volta ogni tanto per ricordare ai lettori e a se stesso che esiste anche quello.
Di fatto, la soprannaturalità diventa la normalità, e quindi si è costretti ad aggiungere nuove facoltà straordinarie ai personaggi principali per elevarli ancora di più al grado di straordinarietà, che purtroppo hanno perso perché sono diventati “delle ordinarie creature fantastiche” e quindi nella storia non emergono più. Ne consegue che questi supereroi fantasy parano il culo a tutti, e tutti gli altri personaggi riempiono l’ultimo capitolo di ringraziamenti.
Cosa che accade, senza eccezioni, anche in Twilight: ecco, papale papale, la prima frase dell’ultimo capitolo di Breaking Dawn, pagina 671 dell’edizione italiana.

«E quindi alla fine ha agito una combinazione di fattori, ma se vogliamo sintetizzare è stata … Bella».

Come dire: no, non me lo aspettavo proprio.

Alla fine di tutto questo, ribadisco.

Harry Potter batte Twilight a Quidditch cinquecento a dieci, e il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto, grande cercatore, ruba il boccino sotto gli occhi di Bella Swan, alias Aspettando Edward, che sta ammirando il suo sbarluccicante fidanzato sotto il sole e non si accorge neanche di perdere sonoramente. 

10 pensieri riguardo “Harry Potter vs Twilight: sette motivi più uno per cui il maghetto occhialuto supera il vampiro sbarluccicante

  1. Sono d’accordo con te su tutto; io avrei anche aggiunto il piattume dei personaggi di Twilight e il sessismo nei confronti dei personaggi femminili (tutte “damigelle in pericolo” o insopportabili o perfette donne di casa) e maschili (rappresentati come dominanti nei confronti delle femmine o incapaci di badare a se stessi come Charlie)

  2. si ma i film non hanno nulla da invidiare ai libri di HP, e infatti hanno ottenuto recensioni estrasiate dai critici e voti altissimi su siti quali Rt, metacritic e Imdb. Non “semplificano” assolutamente la trama, omettono solo informazioni e personaggi superflui per un puro motivo “logistico” : i libri sono troppo lunghi per essere condensati in 3 ore di film

    1. Ti dirò, sono d’accordo solo in parte… i film secondo me sono altalenanti. I primi tre sono sicuramente ottimi, ma già dal quarto andiamo peggiorando, secondo me… sicuramente il loro lavoro di intrattenimento lo fanno, ma a mio parere già dal quarto le sbavature si vedono un po’ troppo 🙂

  3. hai completamente ragione!!C’è una mia amica che dice praticamente che Harry Potter fa cagare (Lei di solito non dice le parolacce)…però dice che Twilight è fantasticosissimissimo…capisco che i gusti sono gusti ma c’è vuoi mettere a confronto??Mi sa proprio che le farò leggere questa fantastica recensione. ( ;

  4. Dio ti benedica. Ho amato tutto in Harry Potter: i personaggi (nessuno escluso), la trama (mai banale) e lo stile della scrittrice. Di Twilight l’unica cosa che amo ancora (e amerò sempre) è LEAH CLEARWATER. Lo stile non esiste, i personaggi sono mediocri (tutti tranne LEAH) e la trama è ridicola e con un’ipocrisia ben celata.

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